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Ritrovamento di Mosè

Giacinto Gemignani, XVII Secolo

Scena tratta dall'Antico Testamento. La Bibbia narra che a seguito dell'ordine del Faraone di uccidere tutti i figli maschi degli ebrei, la madre di Mosé depose in un cesto di vimini il bambino appena nato e lo affidò alle acque del Nilo, mentre la sorella di Mosé seguiva il cesto per vedere cosa sarebbe successo. La figlia del Faraone, scesa al Nilo trovò il bambino e lo allevò come se fosse suo figlio, dandogli il nome Mosé, che significa "salvato dalle acque".

Il dipinto raffigura a destra in primo piano, una fanciulla che si china su un bambino che sta entro un cestino trascinato dalle acque, a sinistra un gruppo di figure femminili, sullo sfondo edifici, alberi e in lontananza il chiarore dell'alba; Colori vivaci: veste rosa sfumata in giallo oro con manto giallo oro chiaro della figura femminile in piedi a sinistra, in azzurro chiaro la bimbetta. La regina ha gonna blu pervinca con sopra tunica blu con ricami argentei e mantello rosso; l'ancella ha abito rosa scuro con sfumature bianche brillanti, mantello azzurro perlaceo. Sfondo scuro a destra con case e piccola figura. Cornice nera intagliata e dorata.

Approfondimenti

Larghezza: cm 116
Altezza: cm 80

Dipinto ad olio su tela

L'opera è fra le più significative del rapporto che G. Gemignani ebbe con Pietro da Cortona: deriva, come sottolinea Di Domenico, da un quadro d'analogo soggetto del Berrettini, ora perduto, di cui esiste al Louvre il disegno preparatorio (n° 472). Il Briganti data il quadro disperso tra il 1635-40. Il dipinto cortonesco dovrebbe essere all'origine del quadro dele Gemignani, anche se non mancano riferimenti al Poussin, e databile dopo il 1640.

Esodo 2, 1-10:

Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una discendente di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese per lui un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose a osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto.
Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Ella vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. L'aprì e vide il bambino: ecco, il piccolo piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «È un bambino degli Ebrei». La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «Devo andare a chiamarti una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino?». «Va'», rispose la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna prese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli fu per lei come un figlio e lo chiamò Mosè, dicendo: «Io l'ho tratto dalle acque!».


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