Museo Diocesano

Nei locali attigui alle sale dell'appartamento papale, è collocato il Museo Diocesano, ove sono esposte opere provenienti dalle chiese della Diocesi di Pistoia; vi si ammirano arredi liturgici e paramenti sacri oltre a dipinti di scuola pistoiese.

Gli oggetti d'arte sacra sono testimonianze insostituibili di civiltà particolarmente esposti al degrado e al furto. Per questo gli oggetti più significativi e preziosi e quelli a maggior rischio sono stati raccolti in una sede unica, così da poterli rendere visibili al grande pubblico, pur nella consapevolezza che la musealizzazione di oggetti di culto, tolti dal proprio contesto originario, fa perdere loro l'identità storica e la sacralità che ne sono gli aspetti connotativi.

 

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Agli oggetti ritirati dalle chiese fu dato un primo ordinamento nel 1968, anno di istituzione del Museo Diocesano, in alcune sale del Palazzo Vescovile, in via Puccini. Una sede più idonea, per fruibilità e area espositiva, è stata poi trovata negli spazi attuali dove insieme ad un nucleo stabile di oggetti, se ne alternano altri secondo le necessità del momento. Il museo quindi mostra non solo i pezzi più raffinati del patrimonio diocesano, testimonianza significativa della qualità artistica assai alta delle opere diffuse nel pistoiese, ma offre anche la possibilità di seguire il mutare dello stile attraverso i secoli nei differenti oggetti destinati alle esigenze di uso, di culto e di decoro della comunità ecclesiale.

Esempio di tale evoluzione si può avere osservando le preziose croci astili, le più antiche sono di ambito umbro-toscano, in bronzo dorato e risalgono al XII-XIII secolo; una proviene dalla chiesa cittadina di S. Michele in Cioncio, è graffita su ambo i lati, sul recto vi era applicato il Cristo, alle quattro estremità vi sono incise la figure del Dio Padre (in alto), della Madonna (a sinistra) e di San Giovanni (a destra), in basso è la raffigurazione simbolica della Resurrezione; sull'altro lato sono incisi la figura del Cristo morto e, nelle terminazioni, i quattro Evangelisti. L'altra croce viene da S. Pietro ad Albiano (Montemurlo), in essa si conserva la figura a tutto tondo del Cristo rappresentato con notevole espressività, secondo l'iconografia del “Christus Triunphans”, cioè vivente, trionfante sulla morte; anche in questo caso le terminazioni sono decorate con le figure di Maria e degli Evangelisti, secondo lo schema decorativo che perdurerà per secoli nelle croci astili. Legato alla produzione di Limoges, della seconda metà del ‘200 è la croce di S. Michele a Baggio, in bronzo con tracce degli originari smalti, anche qui il Cristo è applicato, rappresentato vivente e incoronato. Databile verso il 1370-1380 è la croce processionale in argento della chiesa dei SS. Maria e Biagio a Piuvica, che nelle forme richiama lo stile dell'orafo Piero d'Arrigo Tedesco che nel decennio successivo lavorò anche all'altare di San Jacopo. Al secolo XV risalgono le croci in argento delle pievi di Vinacciano (1420) e di Valdibure, nonché di Faltognano (Vinci) e di Serra Pistoiese (Marliana). Mentre alla prima metà del ‘500 si data la bella croce in argento parzialmente dorato di Masiano che nel modellato si collega alle forme più elaborate tipiche del manierismo fiorentino.

Altre suppellettili liturgiche che meritano una particolare attenzione per il mutare delle tipologia decorativa nel tempo sono i turiboli, in essi le forme stilizzate evocanti architetture, del XIV e XV secolo, vanno sempre più caratterizzandosi per l'andamento sinuoso, a motivi vegetali. Una parte a forma emisferica lobata poggiante su un gambo conico e una parte superiore vagamente piramidale con sfaccettature che seguono la sezione lobata di quella inferiore caratterizzano il turibolo del XIV secolo proveniente dalla chiesa di Crespole (Piteglio). Stessa datazione hanno anche gli incensieri che vengono da Faltognano, in rame dorato, a forma di tempietto gotico cuspidato, con aperture a trifore, trilobi e monofore, e quello di Vitolini (Vinci), traforato con motivi geometrici e terminante con una cuspide. Maggiormente elaborati sono i turiboli del ‘400, come quello di S. Maria a Colle, a forma di edicola gotica in cui alle trifore aperte si alternano tabernacoli incisi; con struttura ancora più complessa è quello proveniente da Spazzavento, che ricorda un piccolo fortilizio, la parte superiore infatti è poligonale e su due piani ha torri angolari e aperture a quadrifore e trifore. Anticipa già le forme tipiche del secolo successivo il turibolo del 1596 di Masiano, qui il corpo si fa bombato e la parte traforata è decorata a palmette e foglie. I calici più antichi presenti nel Museo sono del XV secolo, ancora legati alla tipologia gotica, in rame dorato; hanno il piede polilobato e il gambo esagonale, l'elemento maggiormente decorato è il nodo che, leggermente schiacciato, reca smalti o incisioni. Si vedano ed esempio quelli provenienti da Pian degli Ontani (Cutigliano), da S. Maria a Colle (Quarrata) e da Collegonzi (Vinci) nei quali l'uso di smalti arricchisce la decorazione del gambo e del nodo.

Nei secoli successivi le forme si fanno più arrotondate e sinuose, la decorazione del piede, che tende ad arrotondarsi, del nodo, che diventa piriforme, e del sottocoppa aumentano progressivamente di esuberanza arrivando ad assumere carattere scultoreo, si vedano i tre esempi di oreficeria settecentesca rappresentati dai calici in argento sbalzato provenienti dalla chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas, con festoni, cartigli e volute. Insolito per il territorio toscano è invece il calice, del XVIII secolo, in filigrana d'argento e cristalli colorati.

Nel Museo Diocesano sono esposti molti dipinti di scuola pistoiese fra cui la Madonna in trono, opera su tavola della prima metà del Trecento, da Faltognano e alcune Sacre Conversazioni fra cui quelle di Bernardino del Signoraccio (1460-post 1532) provenienti da S. Felice, da Saturnana e da Porciano, caratterizzate dal disegno netto e dai colori squillanti. Interessante anche lo stendardo a due facce con l'immagine della Madonna dell'Umiltà, opera del Sollazzino (1460 c.-1543), su un lato e quella di San Giuseppe realizzata dallo Scalabrino (1489-1561) sull'altro. Tra gli altri oggetti del Museo vanno inoltre segnalati lo scrigno in rame dorato con quadrilobi con smalti traslucidi, della chiesa di S. Stefano a Serravalle, opera di alto livello artistico legata all'ambito senese del Trecento, e un altro cofanetto, molto più piccolo, con figure a rilievo in avorio realizzato dalla bottega degli Embriachi nella prima metà del Trecento: nato per uso profano fu successivamnte adattato per contenere gli olii santi.Vi sono inoltre due sculture in terracotta, una dipinta, del 1460-1670, raffigura una dolce Vergine orante, l'altra rappresenta S. Rocco ed è un tipico esempio dell'arte robbiana cinquecentesca.

L'esposizione comprende anche esemplari di tessuti e parati sacri, in particolare due pianete, una rosa e una azzurra, hanno decorazione bizzarre (unione di decori astratti e motivi vegetali) dell'inizio del XVIII secolo.

Completano il Museo opere di artigianato ligneo a carattere religioso come i busti reliquiario della chiesa di S. Alessio in Bigiano, curiosità come le lastre in rame per stampare le immaginette sacre del XVII-XVIII secolo; e poi carteglorie, navicelle, ostensori e lampade pensili in argento, reliquiari, pissidi, messali, nonché un frammento architettonico in marmo con decorazione a smalti ambrati che formando un motivo a labirinto rimandano all'epoca gotica e ne fanno un interessante esempio di questa tecnica decorativa.


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