Tale soggiorno nel palazzo non è però documentato e sembra improbabile poiché il ramo della famiglia da cui discendeva il pontefice aveva la propria residenza in un'altra zona del centro cittadino, in via del Duca.
Certo è che le quattro sale che si aprono allo sguardo del visitatore mostrano una notevole ricchezza e cura nell'omogeneità dell'arredo seicentesco, con mobili elaborati, preziose suppellettili e una pregiata raccolta di dipinti, il tutto conservato tra le pareti tappezzate di damasco, i soffitti a cassettoni e gli affreschi del sei-settecento che decorano in alto le sale. La visita dell'appartamento ci fa conoscere il gusto e le preferenze artistiche di una committenza nobiliare che, pur sentendo l'influsso di Roma e di Firenze, si manteneva legata alla produzione di artisti locali, come si evidenzia nel più cospicuo nucleo della quadreria costituito dalle tele eseguite del pittore pistoiese Giacinto Gimignani (1606-1681).
Nella raccolta mancano invece dipinti antichi, ad eccezione della tavola con I Progenitori, del terzo decennio del XVI secolo, attribuita a Fra Paolino, e della tela con Betsabea al bagno, di Sebastiano Vini, della seconda metà del Cinquecento.
La sala d'ingresso, nella quale campeggia un grande lampadario in ferro battuto a diciotto luci, conserva oltre ad alcune armi da fuoco del XVIII-XIX secolo, a quattro busti in marmo del XVII secolo e a quattro ritratti di cavalieri qui pervenuti dalla famiglia Cellesi alla metà dell'Ottocento, alcune delle tele più significative della produzione del Gimignani come Giuseppe e la moglie di Putifarre, del 1654 e altre con soggetti tratti dalla mitologia (Ercole che libera Esione e Alfeo e Aretusa) o dall'Antico Testamento (Adamo ed Eva con Caino e Abele; I fratelli mostrano la veste di Giuseppe e Giuseppe spiega i sogni al Faraone).
La visita prosegue con due salotti con consolle dorate, stipi preziosi e cineserie, le pareti occupate da numerose tele con altri episodi ispirati alla mitologia e alla Bibbia, si tratta di opere del Gimignani e di esponenti del Seicento fiorentino, come Jacopo Vignali (1592-1664), Lorenzo Lippi (1606-1665) e Felice Ficarelli (1605-1669). Nel secondo salotto, quello d'angolo, è da notare il Ritratto di papa Clemente IX, entro una monumentale cornice a racemi dorati sormontata da una corona. Nello stesso ambiente si trova anche una dipinto raffigurante la Morte di Germanico, giunto alla collezione dopo il 1828, in precedenza era in casa Bracciolini proveniente dalla famiglia Puccini; secondo la tradizione l'opera sarebbe stata eseguita a Roma da Nicolas Pussin (1594-1665) che vi replicò un soggetto già eseguito per i Barberini, tra il 1626 e il 1628, e lo inviò alla famiglia Puccini in ringraziamento dell'assistenza a lui prestata quando, passando da Pistoia durante il suo primo viaggio in Italia, vi si era ammalato.
Si passa infine alla camera del Papa dove colpisce il grande letto a baldacchino in damasco rosso sormontato da un cartiglio a motivi vegetali fiancheggiato da due putti che reggono una corona ducale; è questo il letto in cui avrebbe dormito il pontefice durante il suo soggiorno pistoiese.