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Commiato di Venere ed Adone

Giacinto Gemignani, XVII Secolo

Scena tratta da Le Metamorfosi di Ovidio. Adone, nato dall'unione incestuosa tra Cinira, re di Cipro, e sua figlia Mirra, era un giovane bellissimo. Venere, graffiata involontariamente da una delle frecce di Cupido, se ne innamorò perdutamente.
Venere tenta invano di trattenerlo dal cacciare e lo mette in guardia rispetto alle bestie feroci, come cinghiali e leoni, ma non riesce a fermarlo. Un giorno,  cacciando, Adone viene ferito mortalmente da un cinghiale. Udendo i lamenti del moribondo, la dea accorre in suo aiuto quando però era ormai troppo tardi. Nel punto in cui cade il sangue di Adone spuntano degli anemoni. 

Nel dipinto il giovane vestito da cacciatore con veste rosa violacea e brache bianche e mantello rosa scuro; impugna una lunga asta e si allontana salutando Venere che sta seduta con la parte bassa del corpo coperta da un mantello azzurro. La scena è popolata di amorini: quelli in alto recano un drappo violaceo; La cornice a intagliata, dorata e dipinta in nero.

 

Approfondimenti

Larghezza: cm 141
Altezza: cm 116

Dipinto ad olio su tela

Opera databile dopo il 1640 con influenze del Romanelli - si confrontino i due quadri del Louvre "Venere ed Enea"e "Venere" - e dal Poussin; La dott.ssa Di Domenico ha notato che gli amorini al bagno ed il nudo femminile, derivano da una composizione dell'Orbetto.

Ovidio, Le Metamorfosi, libro X:

Mentre baciava sua madre, Cupido le scalfì senza volere
il petto con una freccia che sporgeva dalla faretra:
offesa, Venere scostò con la mano il figlio, ma la ferita,
ingannando persino lei, era profonda, anche se non pareva.
Sedotta dalla bellezza di Adone, delle spiagge di Citera
non le importa più nulla, ignora Pafo cinta dal mare profondo,
la pescosa Cnido e Amatunte piena di metalli;
diserta persino il cielo: al cielo preferisce quel giovane.
Gli sta accanto, l'accompagna ovunque; lei, avvezza a godersi
l'ombra per curare e accrescere la propria bellezza,
ora si aggira per gioghi e selve, tra rocce e cespugli spinosi,
con la veste succinta oltre il ginocchio così come Diana,
e aizza i cani, inseguendo animali di facile preda:
lepri che schizzano via, cervi dalle corna eccelse,
oppure camosci. Si guarda invece dai forti cinghiali,
evita i lupi predatori, gli orsi muniti di artigli
e i leoni che si sfamano facendo strage di armenti.
E invita anche te, Adone, a temerli, sperando che possa
giovarti l'ammonimento: "Sii prode con gli animali che fuggono!"
ti dice. "Il coraggio con quelli coraggiosi è pieno di pericoli.
Non essere temerario, ragazzo, con rischio anche mio;
non sfidare belve a cui natura ha dato armi d'offesa:
la tua gloria mi costerebbe cara! L'età tua,
la bellezza e ciò che ha incantato me, Venere, non incantano
i leoni, i cinghiali irsuti, gli occhi e il cuore delle belve.
I crudeli cinghiali hanno il fulmine nelle zanne adunche;
violenta e smisurata è l'ira dei fulvi leoni:
una razza che detesto." E a lui che le chiede perché mai, risponde:
"Te lo dirò: ti stupirà il prodigio che punì una vecchia colpa.
Ma questa insolita fatica mi ha stancata: guarda,
guarda quel pioppo: con la sua ombra ci invita a rilassarci
e l'erba ci offre un giaciglio. Qui voglio con te riposarmi".

 


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