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Ratto delle Sabine

Giacinto Gemignani, 1654

Leggenda dell'antica Roma. Dopo la fondazione di Roma, Romolo si pose il problema di come popolarla. Egli infatti aveva portato con sé i pastori ma senza le donne.
Egli organizzò una grande manifestazione alla quale invitò i Sabini con le rispettive mogli e figlie. Nel clou della feste e del divertimento, i Romani rapirono le donne sabine e con le armi scacciarono gli uomini.
In seguito a questo evento, il re della tribù sabina dei Curiti, Tito Stazio, alla guida del suo popolo si recò a Roma per chiedere la restituzione delle donne e vendicarsi dell’affronto subito. Entrati in città grazie all’aiuto della giovane Tarpea che aprì loro le porte, i Sabini cominciarono a combattere contro i Romani. Sopraggiunsero le donne che chiesero un armistizio perchè si erano affezionate ai loro rapitori e non potevano consentire che si versasse altro sangue. I due popoli si riappacificarono e Romolo  regnò sulla città con Tito Stazio, così i Romani ed i Sabini formarono un solo popolo.

Nel dipinto, entro un paesaggio con sfondo di edifici circolari e colonne, gruppi di guerrieri romani afferrano delle giovani donne; i colori molto belli si scalano nelle vesti: dall'avana, al rosso, al blu, al verde, al grigio perla, al giallo acceso. L'imponente grandezza della cornice, intagliata e dipinta in nero e oro con teste di leone ai quattro angoli e protomi umane intervallate da motivi vegetali stilizzati, fa supporre che il dipinto sia stato realizzato su misura per questa stanza.

Approfondimenti

Larghezza: cm 405
Altezza: cm 230

Dipinto ad olio su tela

E' databile verso il 1654. La dott.ssa Di Domenico ha rintracciato il disegno preparatorio che dovrebbe trovarsi al Gabinetto Stampe di Roma. L'artista, pur avendo derivato il soggetto dal Ratto delle Sabine di Pitti, si riallaccia però molto di più agli affreschi del Berrettini a Palazzo Pitti (cfr. età del ferro) e all'analogo Soggetto del Poussin.

 


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