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Giuseppe e la moglie di Putifarre

Giacinto Gemignani, XVII Secolo

Scena tratta dall'Antico Testamento. La donna, sposa di Putifarre, ricco signore d'Egitto, si invaghì, cercando di sedurlo, del giovane schiavo Giuseppe, acquistato dal marito e, per le sue capacità, posto a capo dell'amministrazione della casa.
Offesa dal rifiuto del giovane, la donna si vendicò accusandolo di fronte al marito di aver tentato di farle violenza, mostrando come prova la veste dello schiavo, della quale Giuseppe si sarebbe liberato pur di fuggire dalle mani della moglie del padrone. Per questa falsa accusa lo schiavo Giuseppe fu rinchiuso nelle prigioni del Faraone.

Approfondimenti

Larghezza: cm 171
Altezza: cm 145

Dipinto ad olio su tela

Opera databile intorno al 1640 con influenze dal Romanelli  (si confronti Venere e Adone del Louvre e gli affreschi di palazzo Cavallerini a Roma) e dal Reni; La dott.ssa Di Domenico nota anche un'influenza del Poussin.

Genesi 39, 1-20:

Giuseppe era stato portato in Egitto, e Potifàr, eunuco del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che l'avevano condotto laggiù. Il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell'Egiziano, suo padrone. Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che il Signore faceva riuscire per mano sua quanto egli intraprendeva. Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi, quello lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano grazie a Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, sia in casa sia nella campagna. Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non si occupava più di nulla, se non del cibo che mangiava. Ora Giuseppe era bello di forma e attraente di aspetto.
Dopo questi fatti, la moglie del padrone mise gli occhi su Giuseppe e gli disse: «Còricati con me!». Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: «Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi. Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nient'altro, se non te, perché sei sua moglie. Come dunque potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?». E benché giorno dopo giorno ella parlasse a Giuseppe in tal senso, egli non accettò di coricarsi insieme per unirsi a lei.
Un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non c'era alcuno dei domestici. Ella lo afferrò per la veste, dicendo: «Còricati con me!». Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e se ne andò fuori. Allora lei, vedendo che egli le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito fuori, chiamò i suoi domestici e disse loro: «Guardate, ci ha condotto in casa un Ebreo per divertirsi con noi! Mi si è accostato per coricarsi con me, ma io ho gridato a gran voce. Egli, appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo, ha lasciato la veste accanto a me, è fuggito e se ne è andato fuori».
Ed ella pose accanto a sé la veste di lui finché il padrone venne a casa. Allora gli disse le stesse cose: «Quel servo ebreo, che tu ci hai condotto in casa, mi si è accostato per divertirsi con me. Ma appena io ho gridato e ho chiamato, ha abbandonato la veste presso di me ed è fuggito fuori». Il padrone, all'udire le parole che sua moglie gli ripeteva: «Proprio così mi ha fatto il tuo servo!», si accese d'ira. Il padrone prese Giuseppe e lo mise nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re.


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