Sezione della Ferruccia

La sezione de La Ferruccia nasce all'interno di un ampio progetto finalizzato ad una maggiore conoscenza e quindi a una più consapevole tutela del patrimonio artistico della provincia di Pistoia e, in particolare, degli arredi sacri di pertinenza delle chiese del territorio. La raccolta non è concepita esclusivamente come testimonianza della memoria locale, ma soprattutto come luogo in cui gli oggetti di culto possano recuperare la loro identità. Si caratterizza, pertanto, per la sua funzione didattica nella volontà di illustrare il significato simbolico e rituale degli oggetti esposti.

Il Museo si articola entro tre locali al primo piano della canonica della chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, situata in località Ferruccia, nel comune di Quarrata. L'edificio, già documentato nel XIV secolo, ha subìto sensibili cambiamenti nel corso del Seicento e più recentemente nel 1875. Al suo interno si segnalano due tele, una raffigurante un Crocifisso e santi di Antonio Puglieschi e l'altra raffigurante le Nozze mistiche di santa Caterina, firmata “P.P. Lippi” e datata 1646. L'interno della chiesa è visibile dalla prima sala del Museo attraverso l'affaccio del pulpito.

In questo primo ambiente sono state predisposte sei vetrine, nelle quali sono stati collocati numerosi parati, piviali, pianete e camici, databili dal XVII al XIX secolo. Tra questi si segnalano, in particolare, una bella pianeta con raro motivo bizarre databile all'inizio del Settecento, un'altra con disegni cosiddetti naturalistici di stile revel, riferibile agli anni Quaranta dello stesso secolo e ancora un'altra con motivi a meandro databile al 1765 circa.

Nella seconda sala, dedicata alla devozione, si evidenzia sulla parete di destra entrando una vetrina con una piccola Madonna col Bambino, databile al XVII secolo. Sulla parete di sinistra entro due vetrine sono presentati, rispettivamente, due corone in argento e un abito settecentesco ricamato, completo di scarpine, utilizzato per vestire una statua della Madonna del Rosario. L'abito, che si trovava tagliato in varie parti è stato ricomposto, restaurato e studiato per l'occasione. Nella terza vetrina, infine, è esposto un Gesù Bambino in fasce, realizzato in stucco policromo, databile al XVIII secolo.

Il percorso museale continua lungo un breve corridoio, decorato da una inusuale serie di quattordici lumiere in legno dorato e intagliato di manifattura toscana degli inizi dell'Ottocento, che introduce all'ultima sala. Ques'ultima è preceduta da una vetrina nella quale è stata collocata una serie di reliquiari lignei che corredavano gli altari della chiesa. Si tratta, per lo più, di manufatti di produzione toscana, databili tra il XVII e il XIX secolo, che documentano la varietà delle tipologie in uso e la ripetitività di modelli riscontrabili in buona parte delle chiese del territorio.

Nella terza sala, infine, è stata proposta la ricostruzione di un altare attraverso le testimonianze artistiche superstiti del corredo liturgico della chiesa. Oltre ai numerosi arredi lignei è da segnalare, in particolare, il paliotto in velluto rosso di seta con ricami in filo di seta e rapporti in tela d'oro e d'argento, che presenta gli stemmi delle famiglie pistoiesi Cellesi, Bracciolini, Villani. L'arredo prezioso e assai raro, sia per la qualità del disegno sia per la bellezza del ricamo, è databile agli inizi del Seicento. La ricchezza grafica dei serti vegetali verde-oro, ricamati sul fondo di velluto rosso cremisi, è chiaramente ispirata ai modelli disegnati da Jacopo Ligozzi per la corte medicea, che influenzeranno tutta la produzione fiorentina tra la fine del Cinquecento e gli inizi del secolo successivo.

Lateralmente all'altare è collocato un elegante leggio in legno intagliato e dorato, definito da ampie volute fogliacee e caratterizzato dalla presenza di testine angeliche a tutto tondo. Si tratta di un'opera di manifattura toscana, databile alla metà del XVIII secolo, e avvicinabile ad altri esemplari presenti sul territorio pistoiese.

 

Nella sala sulla parete a destra entrando campeggia un'ampia vetrina, nella quale sono esposti gli arredi sacri di pertinenza della chiesa. Le oreficerie superstiti sono in numero limitato rispetto a quelle che nel corso dei secoli vengono menzionate negli inventari compilati periodicamente dai rettori della chiesa. Il patrimonio orafo risulta infatti particolarmente ridotto a causa delle continue alienazioni a cui è stato sottoposto, non ultima la vendita nel 1873 di due dei più antichi oggetti di pertinenza della chiesa. Si tratta di una croce in bronzo e argento con smalti traslucidi, eseguita da un orafo fiorentino nel terzo-quinto decennio del XIV secolo e di un calice in rame e argento cesellato, inciso e dorato con smalti traslucidi, realizzato da una bottega fiorentina nel settimo-ottavo decennio del Trecento. I due arredi furono acquistati dalle Regie Gallerie per il prezzo di duecento lire e oggi sono esposti a Firenze, nel Museo Nazionale del Bargello.

Per quanto concerne le suppellettili liturgiche esposte si evidenzia una serie di calici in argento sbalzato e cesellato, databili al XVII secolo. Di particolare rilievo appare il calice con l'iscrizione sotto il piede: EXISTENTE PRIORE R.DO PADRE SEBASTIANO MARACCI che presenta due punzoni che consentono di riferire l'esecuzione ad una bottega fiorentina. Un altro esemplare, caratterizzato dalla scritta dedicatoria sotto il piede e dalla data 1692 è ugualmente riconducibile alla produzione fiorentina della fine del Seicento. Nella stessa vetrina si segnala la croce astile in bronzo che apparteneva all'altare della Annunziata. L'arredo presenta terminali con formelle mistilinee includenti le raffigurazioni di Dio Padre, la Vergine Annunciata, san Rocco e l'Angelo Gabriele. Sul verso compare a lettere capitali l'iscrizione: A LO TEMPO DI BARTOLOMEO DI MARCHO BENESPERI CAMARLINGO DELLA COMPAGNIA DELA NUNZIATA 1591.

Tra gli arredi ottocenteschi si segnalano l'ostensorio in argento sbalzato, cesellato, fuso e parzialmente dorato, commissionato nel 1804 dal pievano Tommaso Gelli e dal sacerdote Giuseppe Baldi e una elegante navicella in metallo argentato, databile ugualmente agli inizi del secolo, che si caratterizza per la presenza sul coperchio di una piccola sfinge a fusione chiaramente ispirata a modelli impero.

di Elisabetta Nardinocchi © TOSCANAoggi 2000


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